domenica 3 aprile 2016

Le guerre puniche

6. L’Italia unita contro Annibale.

Roma aveva cominciato con i Sabini: si erano messi insieme ed erano diventati un popolo solo. Unici tra tutti i popoli antichi, i Romani dopo i Sabini si unirono anche con i Latini, poi con tutti i popoli che abitavano l’Italia, i Sanniti, gli Umbri, tutte le città degli Etruschi, una ad una, tutte le città dei Greci, … insomma di molti popoli ne fecero uno solo. Era il popolo degli Italici. Era nata l’Italia. Ed era unita.

Ma in Africa c’era un’antica e potentissima città, Cartagine. Aveva la Sardegna e quasi tutta la Sicilia. Era padrona dei mari. Le sue navi giravano il mondo. I Cartaginesi si accorsero che Roma insieme con l’Italia era diventata fortissima, ne ebbero paura e decisero che bisognava tornare a una Italia divisa. Furono le Guerre Puniche, che durarono più di 100 anni.

Cartagine aveva un grandissimo generale di nome Annibale, che ad certo punto decise di venire direttamente in Italia, per allearsi con gli antichi abitanti dell’Italia, un tempo nemici di Roma. Pensava che con il loro aiuto avrebbe potuto sconfiggere Roma. Attraversò le grandi montagne del Nord già piene di neve, armato perfino di elefanti. Sconfisse e distrusse tutti gli eserciti che Roma gli mandava contro per fermarlo, uno dopo l’altro. Allora Roma, in grandissimo pericolo, nominò dittatore Quinto Fabio Massimo, che cambiò tattica: fuggiva quando Annibale attaccava e lo inseguiva quando si ritirava. Roma ebbe così il tempo di riprendersi e di indebolire pian piano l’esercito di Annibale. Asdrubale, fratello di Annibale, cercò di portargli aiuto con un eser­cito armato ancora di elefanti, ma fu fermato e sconfitto prima che riuscisse a unirsi al fratello. Alla fine Annibale dovette ammettere che in Italia c’era ormai un popolo solo, tutto stretto attorno a Roma: fu costretto a rinunciare al suo progetto di dividere l’Italia e a fuggire. Fu inseguito in Africa e sconfitto. Cartagine fu conquistata e distrutta. Tutte le sue terre diventa­rono terre romane, dalla Spagna all'Africa.

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FINESTRELLE
1.     La guerra Roma–Cartagine durò 118 anni e si estese a tutto il Mediterraneo. Annibale aveva attraversato le Alpi con 50.000 soldati, 6.000 cavalieri, 37 elefanti. La guerra finì con la totale distruzione di Cartagine.
2.     Per dividere i Romani dagli altri popoli dell’Italia Annibale provò con i prigionieri che catturava dopo le battaglie: uccideva i Romani e mandava a casa gli altri. Non servì a niente. Gli Italici restarono a fianco di Roma.
3.     Il fratello di Annibale, Asdrubale, cercò inutilmente di portargli in aiuto 35.000 soldati e 10 elefanti, ma i Romani gli tesero un agguato sul Metauro, un piccolo fiume della Romagna. L’esercito dei soccorsi fu fatto a pezzi. Lo stesso Asdrubale fu ucciso.
4.     Siracusa, che era passata dalla parte di Annibale, fu assediata ed espugnata. Il grande scienziato Archimede collaborò alla difesa inventando gli specchi ustori, che incendiavano le navi romane ancora lontane, concentrando su di loro i raggi del sole con dei grandi specchi concavi.
5.     Gli elefanti erano come i moderni carri armati. I Romani li neutralizzarono col fuoco, perché tutti gli animali hanno paura del fuoco. I soldati romani costringevano gli elefanti a percorrere uno stretto corridoio di scudi di ferro per allontanarli dai soldati cartaginesi e poi li uccidevano.
6.     La vittoria finale di Roma dipese dalla particolarità dei Romani di accogliere tra i cittadini anche una parte dei popoli sconfitti. Moltissimi abitanti della penisola erano diventati Cittadini di Roma ed erano pronti a combattere per difendere Roma. Al contrario erano Cittadini di Cartagine sempre solo gli abitanti della città di Cartagine.

7.     La guerra di Annibale aveva modificato profondamente la composizione sociale dell’Italia: 200.000 contadini in armi dovettero abbandonare per anni e anni il lavoro dei campi. Scomparve così la classe dei piccoli contadini, perché gli eserciti che avevano scorazzato per anni su e giù per la penisola avevano provocato un massiccio abbandono delle campagne.

Roma repubblicana

5. Roma repubblicana.

Per qualche centinaio di anni Roma aveva avuto un re, era stata una monarchia. Ad un certo punto i Romani decisero che un uomo solo al comando era pericoloso. Cacciarono il re e di­ventarono una repubblica, perché volevano che chi comandava fosse eletto da tutti i citta­dini e restasse a capo solo per poco tempo.

Si difendevano dai nemici con due legioni di soldati-cittadini. Tutti i Romani erano divisi in 193 centurie. Quando un nemico attaccava la città, ogni centuria doveva mandare 100 sol­dati già armati, divisi in due armate, chiamate legioni. I nemici che accettavano la sconfitta diventavano alleati e alcuni addirittura cittadini, così il popolo romano diventava sempre più numeroso.

A capo di tutto c’erano due Consoli; erano forti come re, ma restavano in carica solo un anno. Comandavano le due legioni, una ciascuno. Erano scor­tati da 12 littori, che portavano sulla spalla il littorio, un fascio di bastoni per bastonare su­bito sul posto chi non rispettava la legge. In casi straordinari tutte le magistrature venivano sospese e so­stituite da un Dittatore, che restava in carica sei mesi. Un dittatore esemplare fu Cincinnato. Stava arando il suo campo quando vennero a dirgli che lo avevano fatto dittatore, perché i nemici avevano circondato le legioni romane e Roma era in pericolo. In 16 giorni Cincinnato liberò le legioni, sconfisse il nemico, celebrò il trionfo e tornò ad arare il suo campo.

Grande importanza nella storia di Roma ebbe l’assemblea del Senato. Decideva la pace e la guerra e sceglieva le leggi da sottoporre al voto del popolo nei Comizi Centuriati. Le leggi sono le regole per vivere insieme, uguali per tutti e immutabili, sottratte al capriccio del momento. Sono le leggi e il rispetto delle leggi che fanno i cittadini, allora come oggi.

I Romani erano divisi in due classi, i Patrizi e i Plebei. Per farsi difendere i Plebei si eleggevano i Tribuni della Plebe. I Tribuni più famosi furono i fratelli Tiberio e Caio Gracco, che ten­tarono di dividere fra tutti la terra dei più ricchi, perché nessuno restasse povero.

Questa organizzazione democratica fu la forza di Roma.

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FINESTRELLE
1.     Elettori erano tutti i cittadini maschi. Roma aveva tre differenti sistemi elettorali. I comitia curiata tenevano conto della residenza, i comitia tributa della famiglia, i comitia centuriata del reddito e dell’età.
2.     Roma era una repubblica oligarchica, perché in realtà il potere ce l’avevano i più ricchi attraverso i comizi centuriati. Erano 193, 90 dei patrizi, 90 dei plebei 13 dei ricchi cavalieri. E vinceva chi otteneva la maggioranza delle centurie, non la maggioranza dei votanti. E i plebei, che erano molto più numerosi, non vincevano mai.
3.     L’appartenenza alla centuria dipendeva dalla ricchezza posseduta da ciascuno. Nella prima classe c’era chi guadagnava più di 100.000 assi; si dividevano in 80 centurie. Via via fino alla quinta classe, quella di chi guadagnava da 25.000 a 11.000 assi; si dividevano in 30 classi. La classe più numerosa era quella dei senza reddito, ma formava un’unica centuria.
4.     Le magistrature, erano annuali e collegiali, nel senso che erano almeno in due per ogni magistratura e restavano in carica solo un anno. Oltre ai 2 consoli c’erano da 2 a 8 pretori, 2 censori, 2 edili, da 2 a 20 questori, da 2 a 10 tribuni della plebe, 1 Pontefice Massimo.
5.     Il Senato aveva 900 membri ed era composto da ex-senatori ed  ex-pretori; i censori potevano decidere la cooptazione o l’esclusione di qualcuno.
6.     Famoso l’apologo di Menenio Agrippa. Durante una rivolta dei Plebei, che si erano ritirati sul monte Aventino perché volevano l’uguaglianza con i Patrizi, Menenio Agrippa spiegò che se lo stomaco si ribellava, tutto il corpo era danneggiato, perché ogni sua parte era importante e doveva cooperare per il benessere dell’intero corpo, così come le due classi per il benessere di tutta la Repubblica.

7.     Quando Roma conquistò terre molto lontane, il capo dell’esercito dovette restare in carica per più di un anno, fino a guerra finita. Cominciò a essere chiamato imperator. Col tempo acquistò tanta importanza, da diventare il vero capo di Roma, più dei consoli e più di tutte le altre magistrature. Era nato l’Impero Romano.

La nascita di Roma

4. La nascita di Roma.

C’era una volta una principessa di nome Rea Silvia. Era figlia di  Numintore, re di Alba Longa, la capitale di una piccola Lega di città dei Latini, nel Lazio meridionale, una terra di paludi e di monti. Suo zio Amulio aveva rubato il trono al fratello, il padre di Rea Silvia. Per paura che un giorno un nipote gli portasse via il trono, aveva chiuso Rea Silvia nella casa della dea del fuoco, dove era proibito sposarsi. Ma lei, di nascosto dallo zio, amava un forte guerriero, Marte. Quando nacquero due gemelli, Romolo e Remo, Amu­lio uccise Rea Silvia, rapì i bam­bini, li mise in una cesta e li abbandonò alla corrente di un grande fiume. Una lupa, alla quale avevano ucciso i cuccioli, li sentì piangere affamati e se li portò nella sua tana per sfamarli col suo latte. Li proteggeva come se fossero i suoi cuccioli. Un giorno che la lupa era an­data a caccia, i gemellini piangevano af­famati. Li sentì un pastore di nome Faustolo, li prese e li portò a sua moglie Acca Larenzia. I due sposi, che desideravano tanto dei bambini ma non ne avevano, li adottarono felici e li allevarono come figli, in una capanna sul colle Palatino. Quando i gemelli diventarono grandi e sco­prirono la cattiveria di Amulio, as­saltarono il palazzo reale e uccisero lo zio, restituendo il trono al nonno.

Romolo allora decise di costruirsi una città tutta sua sulla sommità del monte dove era cre­sciuto. La chiamò Roma, dal suo nome. Però era da solo e allora aprì le porte della sua città a tutti quanti fossero senza una patria. Arrivarono in molti, ma erano solo maschi e perché Roma di­ventasse una città vera ci volevano anche le donne. Allora una notte assaltarono il popolo vi­cino dei Sabini e rapirono tutte le ragazze. I padri e i fratelli arrabbiatissimi corsero a libe­rarle. Stava per scoppiare una guerra feroce, ma le ragazze si misero in mezzo e convinsero tutti a mettersi insieme. I Sabini si trasferirono sul Quirinale, uno dei Sette Colli di Roma e Romolo si associò al trono il loro re, Tito Tazio: Roma è nata multietnica.

Così  nacque il popolo dei Romani, un popolo destinato a un grande futuro.

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FINESTRELLE
1.     Alba Longa era la capitale della Lega Latina, una federazione tra le città latine, cresciute da 8 fino a 30. Naturalmente la dimensione di queste città non era paragonabile a quella delle città di oggi, erano poco più che grossi villaggi.
2.     La leggenda vuole che Alba Longa sia stata fondata da Ascanio, figlio dell’eroe troiano Enea, il figlio di Afrodite scampato alla distruzione di Troia, la città sui Dardanelli assediata e distrutta dagli Achei, indo-europei discendenti dei feroci guerrieri-pastori che avevano assalito la grande cultura della Dea Madre.
3.     Resti di un villaggio molto antico sono stati trovati effettivamente in cima ad uno dei Sette Colli di Roma, il Campidoglio. Controllava il guado del Tevere, che si era formato dove il fiume si era allargato formando l’Isola Tiberina. Interessantissime ricostruzioni di questa fase si trovano nei Musei Capitolini.
4.     Il successo di Roma rispetto alle altre città latine fu dovuto alla sua funzione di collegamento tra la federazione etrusca della Toscana e quella della Campania. Dagli Etruschi i Romani presero moltissimi miti e leggende. Da loro impararono anche a costruire l’arco in pietra.
5.     Anche i Greci della vicina città di Cuma influenzarono moltissimo l’antica Roma. Le lettere della scrittura dei Romani sono derivate direttamente da quelle greche. Quasi tutte le divinità della religione romana sono, con nomi diversi, le stesse di quelle dei Greci.
6.     Circondati da nemici, i Romani guidarono la resistenza dei Latini e sostituirono presto Alba Longa alla testa della Lega Latina. La serie lunghissima di guerre sostenute dall’antica Roma fu per molti secoli una serie di guerre di difesa.

7.     Le guerre di Roma cessarono di essere guerre di difesa con le guerre puniche. Da allora il territorio controllato da Roma si allargò progressivamente fino a comprendere un terzo dell’intera popolazione umana del pianeta.

I primi popoli dell'Italia

3. Terra di molti popoli.

Col caldo l'Italia si riempì di foreste e di praterie. Diventò una terra bellissima e attirò molte genti. Arrivavano continuamente sempre nuovi popoli, così tanti che è impossibile nominarli tutti. La storia d’Italia è praticamente la storia dei popoli che hanno continuato ad arrivare da ogni parte. Ancora oggi.

I primi antichissimi italiani condividevano la civiltà pacifica e solidale della Vecchia Europa, quella della Grande Dea. Lo documentano le straordinarie statuette di donne incinte dette Veneri steatopigie, trovate a decine in giro per l’Italia, dalla Valtellina alla Sicilia e alla Sardegna.

Nel terzo millennio a.C. arrivarono gli antichi Latini. Avevano occupato tutta l’Italia, ma nel se­condo millennio a.C. all’arrivo dei Sanniti, pastori e guerrieri, si erano rifugiati in una terra di paludi e di monti, il Lazio meridionale. I Latini diventarono contadini, allevatori di buoi. Siccome dovevano continuare a combattere per difendersi, diventarono fortissimi guerrieri. Poi c’era un popolo misterioso che si costruiva col legno villaggi di palafitte su ogni lago che trovava. Un altro popolo dall’origine misteriosa costruiva invece forti città in pietra sulla sommità dei monti, difese da alte mura. Erano gli Etruschi, padroni del ferro. Nel cuore della penisola c’erano i Marsi, eredi dell’antichissimo culto della Grande Dea. Da Est arrivarono i Veneti, grandi allevatori di cavalli. Dal mare arrivarono i Greci, che fuggi­vano dalle carestie e dalla fame. Sapevano lavorare il bronzo, il ferro, la creta. Costruirono tantissime città, ricche e popolose. In Sicilia e Sardegna sorsero città di Fenici Cartaginesi, grandi naviga­tori e commercianti, inventori dell’alfabeto. Ultimi arrivarono i Galli, gli inventori del sa­pone e delle botti per il vino.

La Penisola che oggi chiamiamo Italia era in quel tempo un mosaico di popoli diversissimi tra loro, che si combattevano continuamente con ferocia.

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FINESTRELLE
1.     I Liguri erano una popolazione originaria pre-indoeuropea, come gli Euganei, i Reti, i Camuni, i Sardi, gli Elimi e i Sicani, probabilmente anche gli Etruschi.
2.     Proprio nel cuore della Penisola si trovano tracce dell’antica Dea Madre, comune a tutta l’area mediterranea e sopravvissuta a Creta fino in epoca storica. La Maiella è la montagna sacra alla dea Maya, la dea della fertilità. Era la “gilanìa”, la civiltà dove uomini e donne cooperavano alla pari, né patriarcale né matriarcale.
3.     Al ceppo linguistico dei Latini appartenevano anche altri popoli, che all’arrivo di nuovi invasori si trovarono separati tra loro in Falisci, Opici, Itali, Enotri, Siculi, col tempo assorbiti dai nuovi arrivati.
4.     Gli Etruschi erano divisi in tre federazioni di città-stato, 18 nella Pianura Padana, 12 in Campania, 12 in Etruria, cioè in Toscana e Lazio settentrionale. Furono sopraffatti dai Sanniti in Campania, dai Celti nella Pianura Padana, dai Romani in Etruria. Il suono aspirato della lettera ci dei Fiorentini è un’eredità etrusca.
5.     Nella Dorsale Appenninica fino allo Stretto di Messina si stanziarono gli Osco-Umbro-Sabelli, che con i Sanniti combatterono a lungo contro Roma. I Marsi si stabilirono nel cuore dell’Abruzzo, attorno al tempio di Angizia, la dea dei serpenti, l’antichissima dea madre identificata più tardi con Afrodite e con Artemide, più tardi ancora con la Madonna.
6.     Dall’Illiria, arrivarono a Nord i Veneti, a Sud gli Apuli. I Veneti sono quindi cugini degli attuali Albanesi, anche loro di origine illirica. Veneti e Albanesi, un tempo uniti in un unico popolo, sono stati separati dall’arrivo di Serbi, Bosniaci, Croati e Sloveni.
7.     Le città-stato greche erano così numerose da superare per abitanti e prosperità la stessa terra di origine; insieme formavano la Magna Grecia. Al culmine della loro potenza Siracusa raggiunse i 500.000 abitanti, Agrigento e Taranto i 300.000, Selinunte, Sibari e Crotone i 100.000.